IL PRIMO REALIZZATO SENZA PRODOTTI ANIMALI
Ormai non è più solo una moda ma un vero e proprio stile di vita che sempre più persone paiono sposare. Arriva il primo vino per vegani. È il Chianti vegan certificato, prodotto
dalla Fattoria Casabianca di Siena. Una novità nel panorama enologico nazionale.
«I nostri vini espressione del territorio grazie all’agricoltura biologica hanno da oggi, oltre ad una certificazione, quella di origine, Docg e Igt, quella vegana», spiega Alberto Cenni, amministratore di Fattoria Casabianca. Quest’ultima è stata rilasciata dopo un complesso iter procedurale che ha portato a tracciare ogni passaggio dall’uva fino alla bottiglia dalla Csqa di Vicenza, azienda leader nelle certificazioni della tipicità e qualità dei prodotti agroalimentari ed enologici. L’innovazione vegan si inserisce nella volontà di Fattoria Casabianca di realizzare un’azienda sostenibile e biologica in un angolo autentico e affascinante della zona di produzione del Chianti Colli Senesi, in una fattoria che trova i confini naturali dei suoi 654 ettari tra i fiumi Ombrone e Merse:
è qui che i vigneti si inseriscono con la loro delicata armonia in uno scenario naturale che evoca luoghi antichie senza tempo. «La simbiosi con il territorio fa parte della nostra filosofia imprenditoriale, siamo stati dei pionieri quando, oltre trent’anni fa ristrutturammo i casolari del 1200 nel pieno rispetto della storia e dell’ambiente per realizzare l’agriturismo, lo vogliamo essere oggi puntando sulla certificazione vegan», racconta Alberto Cenni. Così la scelta di produrre un Chianti vegan si è rivelata quasi una conseguenza naturale: «Per ricevere il “bollino” vegan abbiamo dimostrato che il nostro è un vino con la totale assenza di prodotti di origine animale impiegati in tutto il ciclo produttivo – spiega Giacomo Sensi, agronomo di Fattoria Casabianca e
vegetariano -. Abbiamo sostituito tutti i prodotti di origine animale ed i loro derivati, sia per la cura dei vigneti sia nelle cantine cosìcomenel packaging del prodotto».
Fonte: Il Giornale
Articolo di: Fabrizio Boschi