Articolo tratto da: lastampa.it
Esplode in città la moda: nuove regole, stop ai maltrattamenti
Ilaria Maria Sala – Shanghai
In via Wujiang, all’incrocio con via Nanjing, a Shanghai, c’è una piccola zona pedonale dove, calata la sera, cani e padroni passeggiano lentamente. Non si tratta, però, di una semplice passeggiata: i padroni vogliono farsi vedere, lasciare che il cucciolo sia ammirato e accarezzato, scambiando qualche parola fra cinofili. Osservando il passeggio serale – che ha luogo anche in altri punti della città – si possono notare signori vestiti in ghingheri che si pavoneggiano insieme a cani ben pettinati o vestiti con cappottini in tinta a quelli del padrone. In sottofondo la musica di Besame Mucho che esce dagli altoparlanti di un venditore ambulante.
Il signor Zhou, a passeggio con un cane lupo di pregio, conosciuto come husky cecoslovacco (bestia molto alla moda a Shanghai), dice che «questa è una città che ama i cani, più di Pechino – dove le autorità continuano a sfornare regolamenti per i proprietari di animali domestici, o Canton, dove cani e gatti li mangiano».
Di recente, però, i muri delle stazioni metropolitane, a Guangzhou come a Shanghai e in altre città, sono stati tappezzati di manifesti pubblicitari che puntano il dito contro chi si nutre di cani e gatti, sottolineando che molti animali che finiscono in pentola possono essere stati rapiti ai loro padroni.
«È vero che l’atteggiamento in Cina sta cambiando» – spiega Zheng Xie, fondatore di “Biechi Pengyou”, (“Non mangiare gli amici”), un gruppo non politico, non religioso e no-profit che cerca di diffondere il vegetarismo e il rispetto per gli animali. «Il nostro gruppo – dice – è stato fondato nel 2006, e all’epoca era visto come qualcosa di insensato. Oggi, invece, nessuno si stupisce. Fino a qualche anno fa i soli vegetariani che si trovavano in Cina erano i buddhisti, alcuni dei quali si astenevano dalla carne solo un paio di volte al mese. Adesso, specie fra i giovani, il rispetto verso gli animali sta prendendo piede, anche fra chi non è religioso».
La strada da percorrere verso il rispetto degli animali è ancora lunga, ma non per questo vanno ignorati gli importanti cambiamenti che si vedono nel Paese: Yao Ming, la star della pallacanestro, si è molto impegnato contro il consumo di pinne di squalo nelle zuppe cinesi. Allo stesso modo Jackie Chan, l’attore di Hong Kong, ha prestato il suo nome per campagne animaliste e il gruppo «Animal Asia Foundation», fondato dalla britannica Jill Robinson e molto attivo in Cina, promuove regolarmente campagne e iniziative educative per proteggere gli orsi della luna da chi li imprigiona per estrarne la bile – un ingrediente nella medicina tradizionale la cui utilità terapeutica però non gode di alcun credito scientifico. Le proteste contro chi si ciba di cani e gatti, poi, sono sempre più frequenti, così come lo sono i gruppi di volontari che vanno a liberare gli animali imprigionati da alcuni ristoratori per essere uccisi e serviti a tavola.
«Il vero problema è il divario che comincia a notarsi fra la consapevolezza di un numero crescente di cittadini – spiega ancora Zheng – e il governo che non ha ancora fatto leggi per la protezione degli animali. È chiaro che in Cina gli animali vengono trattati molto peggio che altrove e che, per quanto aumenti la fascia della popolazione che si oppone ai maltrattamenti, fin quando non ci saranno leggi che proibiscono certi comportamenti, la situazione resterà difficile». Qualcosa, però, comincia a muoversi: poche settimane fa la Cina ha deciso di modificare il regolamento sui cosmetici e i prodotti per la cura del corpo, accettando che non tutti debbano essere testati su animali prima di essere considerati sicuri – eliminando così l’ultimo ostacolo per le aziende verso la messa al bando di questa pratica.
«Poco alla volta – dice ancora Zheng – dai regolamenti si potrà passare alle leggi e a una sensibilizzazione maggiore». Ora anche la Cina, patria di milioni di padroni di cani e gatti, può darsi da fare per creare una convivenza migliore fra umani e animali.