Un gruppo di multinazionali si sta contendendo a colpi di brevetto il mercato mondiale dell’agroalimentare del prossimo decennio.
Boutique degli orrori? Business?
Salvezza per l’umanità?
In molti casi le domande sono superate, i prodotti sono in tavola.
Questa tecnica consiste nel manipolare attraverso diverse metodologie piccoli pezzi di DNA (i geni) copiandoli, tagliandoli, moltiplicandoli, incollandoli o facendoli mutare, è addirittura possibile farli migrare da un organismo animale a uno vegetale (o viceversa) innestando a piacimento elementi che in natura appartengono a speci o a regni diversi (transgenia).
L’ingegneria genetica ha, di colpo, superato i limiti naturali fra le speci operando non più sugli organismi ma direttamente sui geni e questo mette in moto conseguenze enormi in quanto per la prima volta nella storia dell’umanità siamo realmente in grado di modellare il resto della natura secondo il nostro piacimento.
Il solo limite nella creazione di nuove speci animali o vegetali possiamo dire che è la fantasia.
Prendiamo in esame alcuni dati numerici: le biotecnologie occupano, negli Stati Uniti, circa 100.000 persone per un giro d’affari di 25000 miliardi di lire.
Le 10 multinazionali che si dividono questa torta detengono, nel complesso, l’82% del mercato mondiale dell’agrochimica.
Negli U.S.A. ormai oltre l’80% delle semine del prossimo autunno sarà OGM per le tre principali colture (soia, mais e cotone).
Una rivoluzione senza precedenti capace di incidere sull’evoluzione e sull’uomo in modo più radicale di qualsiasi altra rivoluzione tecnologica della storia.
Sono 10.000 anni che l’uomo seleziona speci e varietà ma queste pratiche erano segnate dalle normali barriere naturali.
Negli ultimi 1000 anni l’uomo ha fatto del bricolage con speci animali e/o vegetali ibridandoli ma i limiti imposti dalla natura condizionavano tutte queste iniziative, anche quando la natura si è concessa piccole distrazioni il risultato finale non consentiva la riproduzione. Oggi con il totale superamento di queste barriere i giochi si sono fatti colossali, e nel futuro quanto peseranno le manipolazioni genetiche?
Gli analisti stimano un giro d’affari di 250.000 miliardi dopo il 2005/2006. Ma potrà essere molto di più, nessuno può saperlo.
Unica certezza è che nessuno di noi sfuggirà a questa rivoluzione: agricoltura, ambiente, agroalimentare, ma anche i settori dell’energia, del tessile, la medicina, la chimica, ognuno si stà preparando. E ovunque si sogna!
Batteri che depurano l’ambiente, biocarburanti ad alto rendimento, sostanze a effetto farmacologico, etc. Gli allevatori sognano la supervacca, l’industria tessile un montone “fabbrica di lana”, l’industria della carta alberi a forte tenore di cellulosa, le ditte farmaceutiche vorrebbero animali che fornissero pezzi di ricambio all’uomo.
Piante e animali acclimatabili in zone diverse della terra, piante produttrici di materie plastiche, le prospettive sono immense.
Alain Godard, presidente della Rhone-Poulenc Agro stimolato su questo argomento dice: presto avremo cervelli elettronici superpotenti in grado di cartografare il D.N.A, attendete 10 anni, non avete ancora visto nulla! Tornando a noi potrei dire, parafrasando la celebre frase di Archimede, “datemi un supercomputer e vi rivoluzionerò il mondo”, infatti i vincoli più importanti sono ancora imposti dalla tecnologia e non dall’applicazione o dal perfezionamento delle teorie.
Per il momento queste tecniche non sono né sicure né reddituali ma gli enormi costi dovuti alla ricerca necessitano di una rapida applicazione sul campo, infatti non è mai intercorso un periodo così breve di tempo da uno studio all’applicazione commerciale dello stesso.
La verità è che un Organismo Geneticamente Modificato ben costruito sul piano sanitario, con studi seri sulla tossicità anche solo per come vengono eseguiti per l’immissione in commercio di un comune medicinale oggi non è economicamente sostenibile. “In privato lo sostengono gli stessi industriali” afferma Eric Selarini professore di biologia molecolare a Caen, ed aggiunge: “oggi abbiamo in commercio sementi a scarso valore aggiunto risultato di tecnologie inadatte che contengono, talvolta, involontariamente anche residui di sostanze di laboratorio insite nel D.N.A. ricostruito e modificato del seme stesso”.
Questo è possibile in quanto il Food and Drug Administration applica il principio dell’analogia, pertanto un seme OGM è soltanto una normale semente e non necessita di ulteriori controlli, non vengono inquadrati infatti, i prodotti agricoli geneticamente modificati, in categorie diverse (prodotti di origine farmaceutica ad esempio).
Ma gli agrochimici possono dormire fra due guanciali (mai la concentrazione di forze è stata tale): nel 1998 i primi 10 sementieri al mondo (valgono il 40% del mercato mondiale) con le acquisizioni in corso sono ormai controllati da industrie chimiche e/o farmaceutiche.
Potremmo sentirci dire: ci sono problemi con gli OGM della prima generazione? D’accordo ma non è nulla, promesso, faremo meglio la prossima volta.
La rivoluzione genetica è appena incominciata e questo è ciò che conta!
Tutti coloro che, invece, pensano a ogni essere come qualcosa di prezioso, frutto dell’evoluzione di milioni di anni, che ha in sé elementi ed equilibri ottenuti con infinite e misteriose soluzioni che la natura ha saputo trovare, rimarranno sconcertati davanti all’ennesimo esempio di come l’uomo sia capace di essere superficiale nei confronti di qualsiasi essere vivente.
Quando poi superiori interessi economici e commerciali entrano in campo riesce anche a giustifucare se stesso con argomenti tanto più forti quanto più grandi sono i benefici che intravede.
Mucche pazze, polli e maiali alla diossina, sostanze tossiche nei cibi, buco nell’ozono, riscaldamento della terra, i guai sono sempre causati da malaugurati imprevisti, le vere vittime, infine, siamo noi.
Note:
Relazione dal convegno di AVI OGM una chiara etichetta per la libertà di scelta del consumatore Bologna, fiera Sana, settembre 1999
Articolo del 10 dicembre 1999 – Roberto Durante (Segretario Bureau Européen des preparateurs de aliments biologiques)
Fonte: L’idea Vegetariana n. 120