Incredibile, ma vero: di tutte le riviste che ci saremmo potuti aspettare dedicassero la loro attenzione all’Associazione Vegetariana Italiana, mai e poi avremmo pensato ad Eurocarni, “il mensile di economia, politica e tecnica delle carni più diffuso e letto sul mercato europeo” o, per dire altrimenti, il bollettino degli allevatori e dei macellai, prediletto da tutti coloro che fanno dello sfruttamento e dell’uccisione degli animali una fonte di profitto.
Il settimo numero di quest’anno è uscito proprio a Luglio e comprende un articolo di sei pagine in cui vengono intervistati Carmen Nicchi Somaschi, presidente dell’Associazione Vegetariana Italiana, e l’economista Angelo Dacrema, autore di un libello che si intitola “Fumo, bevo e mangio molta carne!” (ebbene sì, con tanto di punto esclamativo). Al termine dell’intervista doppia, firmata da Anna Mossini, segue l’immancabile e sempre apprezzatissimo paragrafetto “E adesso diamo voce alla scienziata …”, dove un’avveduta nutrizionista sconsiglia un’alimentazione vegetariana alle donne incinta e ai minori di vent’anni, pur riconoscendo d’altra parte “che una dieta vegetariana non può che avere vantaggi in termini di salute: bassi livelli di colesterolo e pressione arteriosa, minore incidenza di patologie cardiovascolari e degenerative come obesità e diabete, minori problemi intestinali”.
Tornando all’intervista, riportiamo alcuni dei passi più rilevanti dove Carmen sostiene ed argomenta un’opzione di vita vegetariana. “Per noi chi ama gli animali non li mangia e ha un sacro rispetto dell’ambiente che ci circonda”. Le normative che oggi regolamentano l’allevamento degli animali non sempre vengono rispettate e in ogni caso “non si può negare che negli allevamenti intensivi gli animali vivano imprigionati”. Il vegetarismo non è qualcosa di elitario, di nicchia, al contrario è un fenomeno ormai molto diffuso nel nostro Paese, che per la percentuale di vegetariani sulla popolazione totale è secondo solo all’India. “Sarebbe sbagliato se passasse il messaggio che i vegetariani si sentono migliori degli altri: è invece la scelta vegetariana a migliorare la vita”, perché mette la vita “al primo posto nella scala dei valori sia per l’uomo, sia per gli animali”. Anche “il problema della fame nel mondo potrebbe trovare nel vegetarismo una possibile soluzione, visto che il pasto destinato ad una persona carnivora lascia spazio a dieci pasti vegetariani”.
Dal lato opposto, in qualità di paladino della causa carnivora, parla Angelo Dacrema, autore come si diceva del pamphlet Fumo, bevo e mangio molta carne!, edito da Excelsior nel 2011 per la preziosa collana Dettagli: saggi, pensieri e riflessioni. Chi scrive non ha avuto il dubitabile piacere di leggere per intero l’opera in questione, ma se volessimo riassumere le obiezioni al vegetarismo che muovono sia Dacrema (membro tra l’altro dell’Associazione italiana allevatori) sia, più velatamente, l’autrice dell’articolo, Anna Mossini, potremmo riassumerle così: il vegetarismo è una moda passeggera e i vegetariani sono persone intolleranti verso gli altri, ossessionate dal salutismo e ispirate da un sentimentalismo svenevole, che per questi motivi vorrebbero impedire alla gente per bene di “mangiare, fumare e bere come una volta”.
Non è questo il luogo adatto per rispondere a critiche annose quanto inconsistenti. Se vogliamo brevemente passarle in rassegna, contro la catalogazione del vegetarismo quale moda del momento basti ricordare la tradizione millenaria su cui si fonda la pratica vegetariana, viva e presente da secoli nella civiltà occidentale come in quella orientale. Nel nostro Paese, solo i sessantuno anni di attivismo della Associazione Vegetariana Italiana dovrebbero essere sufficienti a mettere in guardia chiunque dal bollare il vegetarismo come il frutto di uno sviamento momentaneo o un frivolo fenomeno di costume. Per di più, a rafforzare nelle proprie convinzioni chi si rifiuta di mangiare animali, soccorre la robusta e fiorente corrente filosofica dell’anti-specismo, che dalla seconda metà del Novecento offre argomenti solidi e più che convincenti a chi vuol essere vegetariano.
Nessuno desidera privare il Professor Dacrema dei lauti piaceri di Bacco e tabacco, che provengono dalla lavorazione di alcune piante e non possono essere confusi in nessun modo con la pratica del mangiar carne: questa sì invece condanna ad una vita in cattività e ad una morte violenta esseri senzienti come sono gli animali. Dacrema accusa i vegetariani di essere “talebani della salute”, quando in realtà il salutismo centra ben poco: “le ragioni della nostra scelta”, ribadisce la presidente di A.V.I. Carmen Somaschi, “sono per il 99% di carattere etico”. Citando Isaac Singer, nobel per la letteratura nel 1978, “non per la mia salute sono vegetariano, ma per quella delle galline”. Insieme cadono anche l’accusa di essere troppo emotivi (piuttosto bisognerebbe dire altruisti o compassionevoli) e di non rispettare chi reclama, in nome della tolleranza reciproca, la libertà di mangiare ciò che preferisce (così facendo si calpesta il diritto alla vita e alla libertà degli stessi animali, che è di gran lunga prioritario rispetto al puro edonismo di chi, potendo benissimo nutrirsi d’altro, sceglie volontariamente di mangiare carne).
La Mossini riporta con disapprovazione come una parte della società consideri gli allevamenti intensivi “alla stregua di lager dove gli animali vengono sfruttati fino all’esalazione del loro ultimo respiro, costretti a vivere in spazi angusti e per questo privati delle loro più elementari funzioni”. Dal canto nostro, condividiamo in pieno questo giudizio e ci auguriamo insieme a lei che cresca sempre di più la familiarità delle persone con il mondo della zootecnia: non tanto, come vorrebbe la Mossini, perché si arrivi ad una “accettazione sociale degli allevamenti” (e dei macelli), ma perché basterebbe questa accresciuta familiarità a far aumentare vertiginosamente il numero di chi, in Italia e nel mondo, si professa felicemente vegetariano.
Giorgio Losi