Il vegetarianesimo è un atto di affetto e rispetto per molti esseri viventi, che non vengono più sottoposti all’uccisione per trarne le loro carni. Quindi è ampliamento dell’unità amore (posto che il vegetarianesimo venga deciso per amore, e non per altri ragioni). Questo ampliamento non è da disprezzare: si parla tanto, dai patrioti, di ampliare dalla famiglia alla patria; dagli europeisti, dalla nazione al continente; dai mondialisti, dal continente al mondo; e perché non deve aver valore un allargamento di attenzione, di solidarietà dal genere umano a tanti esseri animali, in ciò che è finora possibile? L’amore se è vero,tende ad attuarsi e perciò sta nel concreto, pur sollecitando la realtà ad aprirsi sempre più. E in questo caso non accetta una barriera per sempre fissa e invalicabile, tenta il concretamente possibile per liberare; ed è certamente un buon passo in questo il mutare la considerazione che facciamo di tanti esseri viventi.
Noi ci troviamo in una realtà in cui siamo nella tentazione di essere chiusi l’uno all’altro; e questa chiusura (che è egocentrismo, assolutizzazione di sé) è una delle forme del peccato, detto originale perché sta al punto di partenza. Al punto di arrivo sta la compresenza degli esseri aperti l’uno all’altro, tutti amati e liberi, in un rapporto direi repubblicano, l’uno non considerando essenzialmente l’altro come mezzo,come strumento posseduto da altri,come cosa: l’Uno tutti dell’amore, il mondo delle coscienze.
In questa linea, o evoluzione o liberazione dal peccato di chiusura, noi facciamo tanti passi avanti quanto più ci rallegriamo di aumentare compagnie e collaborazioni,reagendo così alla soddisfazione di trovare e possedere soltanto cose, cioè mezzi, strumenti nostri, e al restare nella chiusura del proprio io, che diventa poi paura della propria morte, terrore del nulla.
Questo tendere all’ampliamento, a fare tali passi avanti, ci fa sentire un’altra cosa importante: che al bene verso cui andiamo e può essere oggi una musica, una soddisfazione – non vogliamo andare da soli, ma insieme con altri, con molti, coralmente, con tutti. Non è facile arrivare a sentire tutti; ma si è agevolati in questo se si toglie l’arresto a sentire uno, due, tre, quattro,”e poi basta”; e si è invece disposti ad andare oltre, arrivando ad altri, via via sempre più. Cosi viviamo nella direzione di ampliamento infinito, anche se nel concreto e nei limiti attuali noi non possiamo toccare veramente tutti. Il concetto religioso che sta qui è molto importante: che è finito il rapporto tra l’individuo isolato e Dio; e che noi intendiamo la liberazione nostra, insieme con tutti.
Con l’alimentazione carnea noi sfruttiamo un vasto gruppo di esseri viventi, e li sfruttiamo nel modo più radicale, perché le azioni verso di loro sono tutte volte al fine di utilizzarli stroncandone la vita. Ora mentre stiamo operando per togliere lo sfruttamento sociale tra uomo e uomo salendo di un grado verso il rispetto reciproco, è già qualche cosa salire di un grado per tanti esseri viventi, e utilizzarne i prodotti (può essere una forma di collaborazione in attesa di altre ulteriori a meno costrittive), ma non distruggendone l’esistenza. Un socialista si sente indotto ad essere vegetariano: non è una classe subalterna e oppressa anche quella de gli animali?
La decisione vegetariana, sulla base di interiore persuasione, deve sottrarsi al peso dell’abitudine, del tradizionalismo inerte, del conformismo, del gusto del piacere (e il vegetariano non trova poi piacere nella sua alimentazione?). Questo atto di distacco e di indipendenza, di anticonformismo, ha la radice profonda nella religione che la realtà può svolgersi,aprirsi, trasformarsi. Religiosamente noi abbiamo interesse per il singoli individui anche animali, e non pensiamo, come San Tommaso, che la provvidenza, per gli animali curi la specie, e non i singoli esseri.
Il vegetarianesimo aiuta a comprendere il valore dei nostri atti.
Mentre abitualmente non si pensa che il mangiare possa avere altro valore che utilitario, ecco che con il vegetarianesimo noi vediamo che esso non è più strettamente utilitario, perché vi è stato messo dentro uno scrupolo, e un’attenzione affettuosa.
Il mondo in questi cinquant’anni ha mostrato tanta violenza, ed altrettanta è latente. Il vegetarianesimo sarà poco, ma è già qualcosa, è sospendere, e dire no a un moltiplicarsi di atti violenti, è iniziare un’educazione diversa: si pensi all’importanza di questo per i giovanissimi, per i fanciulli. Noi abbiamo un corpo, ma religiosamente non ci preoccupiamo soltanto del suo funzionamento vitale (che non è disturbato dal vegetarianesimo usato bene, che può essere, anzi, un vantaggio); siamo tesi anche ad una sua purificazione, elevazione, trasformazione; non siamo aperti al miglioramento della realtà? Ora, mettere nel nostro corpo la carne di un essere che ha subìto lo spavento dell’uccisione, che è passato per una tale tragedia, patita dall’animo e anche dal corpo (si dice che si diffondano tossine nel corpo dell’animale in quel momento), non ci intorbida, non ci tira giù? La sensibilità al proprio dolore e alla strage in un animale infinitamente superiore a quella di esseri molto più elementari, come le piante.
Non ho detto nulla della casistica che si fa sul vegetarianesimo e per cui esistono precise risposte. La principale è di fare se non tutto, il più possibile e così sempre; perché l’atto è come la musica, è creazione, e fa quello che può voltare per volta. Si ricordi anche che il vegetarianesimo richiede slancio, fede, appassionamento, senza cui non si fa nulla né di piccolo né di grande. Oramai si sa che il vegetarianesimo non fa male; ci sono milioni di persone vegetariane, anzi vi sono cliniche per curare con il vegetarianesimo. Iniziarlo esitando, per provare e con paura, non potrà favorire l’assimilazione, che è fondamentale nell’alimentarsi e che col vegetarianesimo è migliore.
Aldo Capitini